giovedì 6 novembre 2014

Tra l'italiano e la Rai ormai è troppo tardi



Chi si ricorda di Non è mai troppo tardi?, la trasmissione televisiva che ha permesso alla Rai di insegnare l'italiano ai telespettatori che, usciti dallo sfacelo della seconda guerra mondiale e in piena ricostruzione materiale e identitaria, ancora stentavano a parlare il nostro idioma?

Alberto Manzi, con la sua lavagnetta, si occupò a partire dal 1960 di intrattenere istruendo il pubblico, e di fatto abbassando il tasso di analfabetismo, tanto da indurre lo Stato ad aumentare l'obbligo di frequenza scolastica, dopo il quale infatti la trasmissione non fu più prodotta.

La Rai - che a stento diresti essere la stessa azienda di oggi - in realtà già da parecchi anni prima del sessanta aveva lanciato altri progetti educativi per scolarizzare il pubblico, e tutte le iniziative dalla nostra televisione di Stato furono imitate da una settantina di paesi perché ritenute lodevoli.

A cinquantaquattro anni di distanza e nella stessa fascia di programmazione, ieri sera ho assistito alla disintegrazione delle ultime speranze sul ruolo educativo e istruttivo della Rai.

Nel finale della famosissima trasmissione L'Eredità, e precisamente in quel diabolico e geniale gioco chiamato La Ghigliottina - che tanto appassiona gli enigmisti - il conduttore Fabrizio Frizzi e il concorrente in gioco ne hanno infilate di perle grammaticali!

Dovere di cronaca riportare il misfatto, anzi, obbligo morale quello di infierire, perché paghiamo il canone, perché si vincono fior di quattrini in un periodaccio come il nostro, perché da chi parla alle otto di sera a milioni di italiani dobbiamo pretendere il massimo della competenza.

Me l'ero già presa con mamma Rai riguardo a un altro programma, Reazione a catena, che neanche a farlo apposta sostituisce d'estate L'Eredità.

Forse non è così casuale.

Ecco che cosa è successo.

domenica 12 ottobre 2014

Attenti al plagio

Questo post nasce dopo aver scoperto che un mio scritto era stato "saccheggiato" e riutilizzato nel sito di Stefano Borghesi, a sua insaputa e a opera di una persona della cui collaborazione spero si sia liberato; ringrazio Stefano per aver riconosciuto subito, con me, l'evidente plagio, e aver immediatamente rimosso il testo sostituendolo con un altro, stavolta di suo pugno. Lascio comunque questo post perché credo abbia ancora senso rispetto al tema del plagio che nella scrittura del terzo millennio, e nell'era del copia e incolla, è sempre attuale.

Che cos'è il plagio?

Si tratta solo di ricopiare esattamente, parola per parola - o nota per nota, immagine per immagine ecc. - un'opera già edita spacciandola per inedita?

O è plagio anche ricalcare un testo, cambiandone - ma neanche più di tanto - i termini, la struttura sintattica, le misure?

E soprattutto, si può ancora definire frutto di plagio un testo che ripete gli stessi contenuti di un altro, le sue stesse definizioni - non nelle parole, ma nella semantica - o si deve considerare lecito?

Di solito, quando scrivo post su questo mio blog cerco di fornire risposte e soluzioni a chi vuole scrivere.

Ma stavolta mi trovo sguarnito, posso solo prendere atto di quanto è successo, e rimandare la palla a chi vorrà leggere e riflettere.

Io ritengo di essere stato plagiato.

domenica 5 ottobre 2014

Tre motivi per stare attenti ai post in formato lista

Nove post su dieci sono costituiti da liste di concetti, consigli, considerazioni e così via.

E non importa tanto il contenuto, quanto il formato: la lista, l'elenco puntato, la serie di osservazioni, dritte, regole, tabù e altri più o meno rilevanti argomenti.

Un formato che di per sé non è certo una novità - tutti i testi regolativi, a partire dai Dieci Comandamenti, sono costituiti da elenchi - ma che ha trovato la sua efficacia e addirittura la sua praticità grazie alla rete.

Vuoi perché quando leggi in un titolo il numero di cose di cui si parlerà in quell'articolo  è come se ti tranquillizzassi sulla quantità.

Vuoi perché se qualcuno ti promette di risolvere un tuo problema o insegnarti qualcosa in tot mosse già ti sembra più facile del previsto.

Vuoi ancora perché ci sono numeri che la mente percepisce come corretti, giusti in sé, e anch'io adesso, con i miei vuoi perché ho rispettato la regola del tre, numero magico e significativo per la nostra psiche, e forse se mi fossi fermato a due tu avresti sentito che mancava qualcosa.

sabato 27 settembre 2014

Qualcosa di interessante da scrivere

Tra le miriadi di regole per scrivere bene pubblicate fra libri e pagine web - comprese le mie - si naviga in una tale abbondanza che c'è addirittura il rischio di perdersi.

Tutte regole buone, giuste, pertinenti - anche le mie! - eppure spesso ti lasciano un sottile senso d'incompiuto.

Questo effetto è una ovvia conseguenza della natura dello scrivere, un atto umano che ha più a che fare col funzionamento dell'organismo che con una tecnica precisa.

Molti miei post si propongono l'obiettivo di insegnare a scrivere meglio, eppure sono tanti, così potresti chiederti e chiedermi ma quanti modi ci sono, in definitiva, per scrivere meglio?

Poiché non voglio nascondere la contraddizione nella quale io stesso mi muovo, aggiungo io un altro dubbio, frutto di una stranezza vissuta in prima persona tante volte: come mai, quando finisco di elencare la solita lista di consigli su come scrivere bene poi mi viene in mente di quella volta in cui ho contraddetto uno di quei consigli, se non addirittura tutta la lista?

Siamo davanti a un caso di predicare bene e razzolare male o piuttosto la scrittura ha troppo a che fare con l'arte per essere chiusa una volta e per tutte in un sistema rigido?

E se ha a che fare con l'arte, allora c'entrano moltissimo le preferenze personali di chi scrive quei consigli.

Per di più, dette preferenze possono variare nel tempo, ed è per questo che la materia ci sfugge dalle mani.

Allora facciamo così, mettiamo da parte ogni velleità di legiferare sul come si scrive, e concentriamoci su uno scopo che possa veramente essere condivisibile.

E per farlo, penso a quando leggo, non a quando scrivo.

Quando leggo, quando mi soffermo a leggere qualcosa, perché lo faccio?

Per un motivo molto semplice: perché ciò che sto leggendo è interessante.

Alt, già sento qualcuno dirlo, ma interessante può voler dire un mare di cose.

E allora te lo dico meglio: un testo, per me, è interessante se ritengo che valga la pena di leggerlo anche se chi lo scrive mi sembra alquanto stravagante, anche se c'è qualche imperfezione linguistica, anche se lo stile ha qualche pecca, anche se le frasi sono sintatticamente labirintiche.

Al di là delle regole formali, c'è un carattere del testo che dovrebbe essere sempre al primo posto del tuo obiettivo: renderlo interessante.

Prima di approfondire che cosa può essere davvero interessante per un lettore, voglio partire dalla porta di servizio, cominciando a riflettere su che cosa non è interessante, per eliminare la zavorra.

sabato 13 settembre 2014

Il riposo dello scrittore

Quando la scrittura - funzionale o creativa - assume un peso rilevante nella tua vita, non porta solo un grande piacere.

Poiché è una cosa meravigliosa da fare, che ci fa star bene, giustamente cerchiamo di portarla avanti con impegno, consapevoli a volte di doverci anche forzare, pur di mantenere l'appuntamento con lei.

La scrittura però è una cosa viva, è pratica ma è fatta di respiri, è un compito ma anche un'esperienza, serve a dare risposte ma ha bisogno di tempo per far emergere le domande giuste.

Tra il lavoro, gli impegni familiari, le faccende domestiche, a volte ritagliare o aggiungere tempo per scrivere vuol dire arrivare a sentirci come uno straccio strizzato.

Dove stiamo sbagliando?

Nella fiducia.

È evidente che se domani dobbiamo consegnare una relazione di lavoro dobbiamo farla oggi, e altrettanto evidente che se non puliamo oggi quella cucina ci troveremo a mangiare sporcizia, stasera.

La scrittura, invece, non ha nessun rapporto necessario con l'immediatezza, mentre ha una condicio sine qua non: il riposo dello scrittore.

Prima delle tecniche, dei consigli, dei manuali e dei corsi di scrittura, e dello scrivere risme su risme, la cosa fondamentale per avere subito un miglioramento nell'esperienza dello scrivere è riposare.

sabato 26 luglio 2014

Perché qualcuno dovrebbe leggere il tuo blog?

Hai deciso finalmente di aprire un blog?

Congratulazioni, è una scelta che ti darà senza dubbio tante soddisfazioni e opportunità.

Con un blog, infatti, potrai raggiungere un mare di obiettivi, allargare i tuoi contatti, creare un tuo ruolo online, costruire la tua autorità, aumentare le tue scelte per il futuro e sfruttare tante altre occasioni.

Questo è quello che - forse, se ti va bene - potrai fare tu.

Ma hai pensato anche a che cosa c'è dentro il tuo blog che possa dare le stesse soddisfazioni e le stesse opportunità al lettore?

Perché qualcuno dovrebbe leggere il tuo blog?

sabato 12 luglio 2014

Sondaggio: e tu che blogger sei?

Meno di un mese fa è stato pubblicato forse il più importante sondaggio sul fenomeno dei blog.

Condotto da Andy Crestodina di Orbit Media Studios, il sondaggio ha coinvolto più di mille bloggers cercando di capire come si muovono, quanto tempo investono, quali procedure utilizzano e che cosa succede ai loro post una volta lanciati.

Il sondaggio è rilevante perché statisticamente affidabile, dato che oltre agli Stati Uniti sono stati coinvolti bloggers di altri trentasette paesi, con numeri che garantiscono margini d'errore molto bassi.

Undici domande sui tempi, i luoghi e le modalità del fare blogging.

Tralasciando le sezioni del sondaggio relative al marketing, può essere curioso e istruttivo, per chi si diverte a scrivere online, dare un'occhiata ai risultati.

Com'è andata?

sabato 5 luglio 2014

Il post perfetto: ecco come fare!

I blog aumentano, nonostante i de profundis dei benpensanti, quindi i post da leggere aumentano.

Peccato però che non aumenti la qualità, anzi, che l'eccesso di quantità spesso implichi un abbassamento del livello.

Proprio in questi giorni, ho avuto modo di leggere tanti post su un evento al quale ho preso parte, e sono rimasto impressionato da diversi aspetti:

  • pochissimi, tra coloro che ne hanno scritto, erano davvero presenti
  • pochissimi hanno scritto con tempismo
  • moltissimi non hanno fatto altro che ricopiare i primi due post usciti sull'argomento (uno dei quali è il mio!)
Tuttavia, anche commettendo questi tre grossolani errori, si può ancora scrivere un pezzo decente, con un linguaggio curato, uno stile dinamico, un post che ti fa dire be', comunque questo qui sa scrivere.

Invece niente, tra i cattivi consigli della fretta, le ansie da prestazione e deplorevoli dosi d'incoscienza, molti aspiranti blogger sembrano aspirare poco e restare in apnea.

Certo, questo accade perché il loro obiettivo è il presenzialismo e non la scrittura, è il poter dire c'ero prima io e non la cura delle informazioni, è far sapere che loro sono al corrente e non raccontare una storia.

Tutto perché non vogliono prendersi il tempo di dare una scorsa al loro testo, buttato lì, per aggiustare e migliorare i punti deboli.

Tu non vuoi leggere post scritti così male, e soprattutto non vuoi correre (più) il rischio di scriverne.

Ecco per te la guida rapida ed efficace per trovare i punti deboli del tuo post e trasformarli in punti di forza.

sabato 28 giugno 2014

Scrivere con le immagini: scegli la foto giusta

Credi che i post nei blog abbiano delle immagini d'accompagnamento solo per renderli più carini?

In realtà, le foto che tutti noi blogger attacchiamo accanto, sopra o dentro i nostri testi stanno lì per toccare la psicologia del lettore.

Del resto, il cervello sembra fatto apposta per questo: esso funziona per due terzi in maniera visuale, e la capacità di processare le immagini è di decine di migliaia di volte superiore a quella necessaria a leggere parole.

Le immagini, insomma, attirano la materia grigia dei potenziali lettori prima che questi abbiano letto anche soltanto la prima parola del titolo, anzi, quasi la metà dei lettori occasionali decidono di soffermarsi grazie al fascino delle foto.

Se ora non hai più dubbi sull'opportunità di inserire foto nei tuoi testi su internet, cerchiamo insieme di capire quali immagini è meglio utilizzare in base al tipo di contenuto che vuoi proporre, affinché non siano solo un abbellimento ma uno strumento che aggiunge utilità ai tuoi testi.

sabato 26 aprile 2014

Scrivere testi originali o dare originalità ai testi?


 Ultimamente, fare battute basate sul chiasmo, come quella del titolo, ci fa sembrare tutti imitatori degli imitatori del presidente del consiglio...

Battute a parte, chiunque scriva desidererebbe sempre sfornare qualcosa di originale, di proprio, di unico.

L'avverbio sempre deve però metterci in guardia: è impossibile, e forse non è neanche un male.

venerdì 18 aprile 2014

Essere scrittore o fare lo scrittore?

Per chi si occupa di scrittura le parole sono o dovrebbero essere fondamentali.

Quando le parole non sono precise, non lo sono nemmeno le definizioni, e quindi si crea confusione, una confusione che permea chi scrive e chi legge, provocando crisi d'identità.

La rete ha cambiato molto: non è che prima non si potesse scrivere, ma farsi leggere non era così semplice; oggi invece con internet è molto più facile intercettare lettori più o meno interessati agli argomenti dei quali ci occupiamo scrivendo.

Comunemente si pensa a uno scrittore come a qualcuno che scrive qualcosa come libri, poesie, storie, notizie, resoconti, riflessioni.

Se però andiamo dietro a ogni singolo genere di scrittura, agli stili, alle tecniche, alle correnti e al tipo di destinatario, saranno più le differenze che i punti in comune, e ci sembrerà ci siano troppi modi per pensare alla scrittura.

Quando ci sono troppe cose, a volte, è come se non ce ne fosse nessuna.

Bisognerebbe trovare qualcosa che definisca gli scrittori al di là della forma e della modalità della loro espressione.

Possibile?

Quanti tipi di scrittori ci sono?

sabato 12 aprile 2014

Che cosa vogliono i lettori dei blog

Il nostro è un mondo in cui le persone non sanno cosa vogliono e sono disposte a passare un inferno per ottenerlo.

La frase è dell'umorista statunitense Don Marquis, e forse la conoscevi già (o forse conosci l'altra più famosa, che ben si adatta al momento attuale della politica italiana: se dai alla gente l'illusione di pensare, la gente ti amerà; ma se la fai pensare davvero, ti odierà).

In effetti, molte persone che gironzolano in rete leggendo qua e là si comportano proprio come se non avessero la minima idea di che cosa davvero le interessi, pur spendendo tempo ed energie a cercarlo.

Quando diciamo, nel mondo del blogging, che ogni blog ha i suoi lettori, investiamo su una fiducia verso ipotetici lettori, ma la realtà è un'altra.

La maggioranza dei lettori arriva per caso, non sa perché ci è arrivata, non lo sappiamo noi, e le possibilità di prevedere e governare questo fenomeno sono scarsissime.

Questo discorso vale anche per la gran parte dell'editoria: non sempre ci rechiamo in libreria sapendo già che cosa vogliamo, e ci capita di lasciarci guidare dall'istinto nello scegliere dei titoli.

Solo quando abbiamo letto comprendiamo veramente da dove siamo partiti: da un problema.

Ciò che guida l'attenzione del possibile lettore, dunque, come un radar, è un problema o qualcosa di irrisolto, una domanda, un dubbio, una curiosità indefinita, tutte cose alle quali un post, un articolo o un libro potrebbero rispondere.

Ma la maggior parte dei lettori, anche quando è consapevole del problema di partenza, quasi sempre non ha la minima idea di quale possa essere la soluzione, e quando ce l'ha finisce per scoprire che la soluzione pensata era sbagliata, e quella giusta era lontana dal loro pensiero.

Il lavoro di chi sta da questa parte, di chi quei post, quegli articoli e quei libri si prende la briga di scriverli è proprio tirar fuori questa soluzione desiderata ma non ancora compresa.

Dunque, i lettori, come le persone di cui parla Don Marquis, non sanno che cosa vogliono.

domenica 30 marzo 2014

La saggezza della brevità

Perciò se è vero che la brevità
è l'anima del senno,
e il parlar troppo un fronzolo esteriore,
il mio discorso sarà molto breve.

Lo dice Polonio alla madre di Amleto nella tragedia di Shakespeare, e sebbene il personaggio sia messo in cattiva luce dall'autore, non si può negare che l'affermazione sia è quanto mai vera.

Farò dunque come Polonio-Shakespeare, senza dilungarmi.

Se vuoi annoiare il tuo lettore non hai che da scrivere scrivi testi lunghi.

E se proprio non gli vuoi dare scampo, allora abbi cura di scegliere scegli parole altrettanto lunghe, che quasi sempre sono anche più difficili e inconsuete.

Naturalmente, se stai scrivendo un testo accademico forse alcune parole e alcune costruzioni sintattiche ti saranno indispensabili.

In tutti gli altri casi però una sana e saggia brevità non potrà che giovare gioverà al testo e a chi lo leggerà.

Per revisionare il tuo testo riducendone la lunghezza, usa questi strumenti.

sabato 8 marzo 2014

Perché non riesci a scrivere e come cambiare per sempre questa condizione

C'è una bella differenza tra avere una mente aperta e avere un buco in testa dal quale il cervello caschi per terra.

La frase è dello smascheratore di falsi maghi James Randi e divulgata dal divulgatore italiano per eccellenza, Piero Angela.

Ma ci interessa il significato.

Perché ci sono cose che tutti noi facciamo credendo di migliorare le nostre prestazioni cognitive e mentali e che invece finiscono per impantanarci ancora di più.

In tanti anni di insegnamento ho visto troppo spesso coi miei occhi che la gente non riesce a scrivere perché pensa di non sapere come fare, quando invece sa troppo e questo troppo si rivela un fardello insopportabile.

L'insicurezza ti porta a credere che tu non sia abbastanza intelligente, abbastanza preparato, abbastanza capace e tanti altri abbastanza illusori quanto dannosi.

Inoltre, la scrittura è soprattutto una questione di creatività, anche quando si tratti di scrittura funzionale.

La creatività però ha bisogno di libertà, ci si può preparare a essa ma non la si può chiamare a comando, bisogna saperla cogliere quando arriva ma non la si può costringere a restare, è inopportuna come le belle occasioni e muore nella prevedibilità.

Purtroppo, sono tante le abitudini con le quali impediamo alla nostra creatività di prosperare.

Le abbiamo imparate sin da bambini, siamo stati influenzati dagli altri nell'adottarle e adesso, dopo tanto tempo, è difficile liberarsene.

Il primo passo è conoscerle.

Ecco le peggiori, quelle che stanno schiacciando la testa e il cuore della tua creatività, e che devi assolutamente abbandonare se vuoi cambiare questa condizione.

domenica 2 febbraio 2014

Le due mosse per risucchiare il lettore nel tuo post

Ce l'hai messa tutta.

Ancora non riesci a credere quanto grande sia il post, l'articolo, il pezzo che hai appena finito di scrivere.

Pensi con certezza che chi lo leggerà ne rimarrà estasiato, appena avrà capito dalle tue argomentazioni che i tuoi consigli funzionano.

Hai riletto, cambiato le parole, tolto il superfluo, costruito il titolo perfetto, quello che cattura l'attenzione, quello che fa montare la curiosità.

Hai scritto una cosa potente e ne sei felice.

Finché un piccolo tarlo inizia a rodere la tua gioia.

Forse le prime righe del testo non sono abbastanza intriganti, e i lettori mi abbandoneranno per non schiattare di noia?

Forse il primo blocco del mio pezzo è scritto così male da far voltare lo stomaco?

Forse, forse, forse...

Un dubbio al quale non sa rispondere con piena sicurezza neanche il più scafato degli scrittori.

lunedì 6 gennaio 2014

Post, ovvero: partenza, ossatura, storia e titolo

Che cosa leggi da sinistra a destra, nei cerchi rossa sulla tastiera in foto?

STOP!

Perciò, fermati e leggi queste indicazioni, per poi tornare a scrivere e a pubblicare testi che funzionano veramente.

Hai il tuo post pronto per essere pubblicato?

Hai scelto con cura il taglio da dare?

Hai tenuto la prima stesura in decantazione, per qualche ora o per un  giorno intero?

Il tuo testo, insomma, è pronto per una revisione attenta e senza indulgenze.

Ogni dettaglio deve funzionare, non vuoi che il lettore scorga la benché minima imperfezione e ti giudichi superficiale.

Ogni parola dovrà dire esattamente ciò che ti serve, dovrà illustrare con la massima aderenza il tuo pensiero.

Solo così potrai pubblicare un articolo tosto, senza fronzoli, che va dritto al bersaglio.

Quante cose da controllare, prima di quel fatidico clic oltre il quale le tue parole viaggeranno nella rete, in pasto a lettori pronti a sfamarsene o a buttarle via senza rispetto.

Eppure, chiunque pubblichi un post deve sapere che ci sono quattro cose veramente essenziali per fare centro.

E queste quattro cose sono già contenute nella parola post.

Post è il magico acronimo con il quale ogni post sarà definitivamente... a post.

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