domenica 13 settembre 2015

Il lato oscuro della retorica

Nella settimana appena conclusa, dal mondo dell'informazione sono rotolate a noi due perle che è il caso di mettere ancora un po' in luce, se si vuole capire bene come funziona la comunicazione e interrogarsi sulle proprie responsabilità quando si scrive di qualcosa e ci si rivolge a un pubblico.

Abbiamo letto e sentito di Scattone che prima si è visto assegnare una cattedra e poi vi ha rinunciato per evitare l'ostracismo di parte dell'opinione pubblica.

Abbiamo anche letto e sentito, o visto, di membri della famiglia di Vittorio Casamonica ospiti di Bruno Vespa e abbiamo soprattutto subito gli strascichi, forse ancora più spinosi del fatto in sé.

Con la retorica bisogna stare attenti.

Io capisco il desiderio di chi fa informazione - anche il mio - di dare ai propri testi - quelli da leggere, ma anche quelli da ascoltare o da vedere - una bella forma, che possa accattivare, che possa inchiodare il lettore o lo spettatore, che possa suscitare in lui una reazione emotiva.

Al di là della verità e dell'utilità dei tuoi contenuti, per ottenere questo devi per forza ricorrere alla retorica.

Ma spesso, anzi, sempre, la retorica è un inganno.

Un inganno a fin di bene, ma sempre inganno resta.

Una metafora è bella, ma non contiene nessuna verità, una similitudine addirittura assume l'aspetto esteriore di un ragionamento corretto quando in realtà non lo è.

Da un punto di vista strettamente logico la retorica è fallace, ossia i collegamenti logici tra gli elementi in gioco non sono validi, anche se i singoli elementi possono essere veri o plausibili.

E nei fatti di Scattone e dei Casamonica della scorsa settimana, di fallacie ce ne sono a iosa.

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