domenica 13 settembre 2015

Il lato oscuro della retorica

Nella settimana appena conclusa, dal mondo dell'informazione sono rotolate a noi due perle che è il caso di mettere ancora un po' in luce, se si vuole capire bene come funziona la comunicazione e interrogarsi sulle proprie responsabilità quando si scrive di qualcosa e ci si rivolge a un pubblico.

Abbiamo letto e sentito di Scattone che prima si è visto assegnare una cattedra e poi vi ha rinunciato per evitare l'ostracismo di parte dell'opinione pubblica.

Abbiamo anche letto e sentito, o visto, di membri della famiglia di Vittorio Casamonica ospiti di Bruno Vespa e abbiamo soprattutto subito gli strascichi, forse ancora più spinosi del fatto in sé.

Con la retorica bisogna stare attenti.

Io capisco il desiderio di chi fa informazione - anche il mio - di dare ai propri testi - quelli da leggere, ma anche quelli da ascoltare o da vedere - una bella forma, che possa accattivare, che possa inchiodare il lettore o lo spettatore, che possa suscitare in lui una reazione emotiva.

Al di là della verità e dell'utilità dei tuoi contenuti, per ottenere questo devi per forza ricorrere alla retorica.

Ma spesso, anzi, sempre, la retorica è un inganno.

Un inganno a fin di bene, ma sempre inganno resta.

Una metafora è bella, ma non contiene nessuna verità, una similitudine addirittura assume l'aspetto esteriore di un ragionamento corretto quando in realtà non lo è.

Da un punto di vista strettamente logico la retorica è fallace, ossia i collegamenti logici tra gli elementi in gioco non sono validi, anche se i singoli elementi possono essere veri o plausibili.

E nei fatti di Scattone e dei Casamonica della scorsa settimana, di fallacie ce ne sono a iosa.

mercoledì 29 luglio 2015

Le fondamenta della scrittura

Vuoi scrivere storie brevi?

Vuoi fare articoli per pubblicizzare prodotti?

Vuoi fare il reporter?

Vuoi darti alla poesia?

Vuoi arricchirti scrivendo?

Vuoi sfornare romanzi?

Vuoi costruire manuali d'uso?

Vuoi darti ai blog?

Vuoi scrivere... insomma, scrivi pure quello che ti pare.

Non sono certo io a doverti sciorinare adesso le quintalate di modi e tipologie di scrittura che circolano nel mondo e che la tecnologia non ha affatto ridotto, bensì ha moltiplicato oltre la misura.

E sono tutti modi diversi tra loro.

Anzi, più vuoi specializzarti, più ti accorgi che le regole peculiari di ogni tipologia di scrittura sono molto, ma molto diverse.

Come quando guardi alla storia di altre forme comunicative, la pittura, per esempio, e provi a far scorrere nella tua memoria un mosaico romano, un'icona religiosa, un ritratto rinascimentale, un esperimento impressionista.

Quanto sono diversi, e quante storie differenti ci sono dietro, ad aver generato quelle differenze.

Eppure, a guardare meglio, si scorgono anche caratteristiche simili, punti di contatto, fattori comuni.

Hanno a che fare con le regole base della percezione, con quelle della creatività, con la tecnica compositiva.

Sono le ossa, gli organi, i tessuti, che danno vita a corpi differenti se visti da fuori, ma con un'anima comune alla base.

E lo stesso vale per chi scrive.

Perciò, scegli pure dall'elenco sovrastante a quale forma di scrittura dedicarti, ma ricordati sempre di tenere in considerazione queste raccomandazioni di seguito.

Ti permetteranno di tenere saldo il timone, e soprattutto di non oscillare tra un tipo e l'altro di scrittura, attribuendo sempre al genere scelto il merito o la colpa di ciò che scrivi o di ciò che proprio non ti riesce di buttare giù.

sabato 23 maggio 2015

Riscrivere o non riscrivere, questo è il problema...

Hai mai sentito dire che non si può entrare due volte nello stesso fiume?

Immagino di sì, soprattutto in quest'epoca socialnetworkiana nella quale uno degli sport preferiti è condividere citazioni a effetto incollate su immagini suggestive.

Le domande sono tre e te le elenco:
  • Chi l'ha detto?
  • Sarà vero?
  • Perché dovrebbe interessare noi comunicatori della scrittura?
Il Socrate di Platone attribuisce questa sentenza al filosofo Eraclito, perché sta parlando col suo discepolo Cratilo.

L'unica altra fonte che abbiamo è Aristotele, oltre a un frammento dello stesso Eraclito che però suona leggermente diverso.

La forza e la suggestione di questo pensiero sono potenti, e fa un certo effetto immaginare che un uomo vissuto a cavallo tra VI e V secolo a.C. avesse formulato pensieri degni della fisica del ventesimo secolo.

Poi a sentirlo ci concentriamo tutti sul fatto che l'acqua di questo benedetto fiume cambia.

E ci dimentichiamo che, in quanto esseri viventi, anche noi siamo cambiati.

Nello stesso modo, quando proviamo a tornare su un post già scritto, per modificarlo, correggerlo, riscriverlo, non siamo più gli stessi che l'hanno visto nascere.

Quand'è che ci troviamo nella situazione di riscrivere un pezzo?

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