sabato 26 aprile 2014
Scrivere testi originali o dare originalità ai testi?
Ultimamente, fare battute basate sul chiasmo, come quella del titolo, ci fa sembrare tutti imitatori degli imitatori del presidente del consiglio...
Battute a parte, chiunque scriva desidererebbe sempre sfornare qualcosa di originale, di proprio, di unico.
L'avverbio sempre deve però metterci in guardia: è impossibile, e forse non è neanche un male.
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venerdì 18 aprile 2014
Essere scrittore o fare lo scrittore?
Per chi si occupa di scrittura le parole sono o dovrebbero essere fondamentali.
Quando le parole non sono precise, non lo sono nemmeno le definizioni, e quindi si crea confusione, una confusione che permea chi scrive e chi legge, provocando crisi d'identità.
La rete ha cambiato molto: non è che prima non si potesse scrivere, ma farsi leggere non era così semplice; oggi invece con internet è molto più facile intercettare lettori più o meno interessati agli argomenti dei quali ci occupiamo scrivendo.
Comunemente si pensa a uno scrittore come a qualcuno che scrive qualcosa come libri, poesie, storie, notizie, resoconti, riflessioni.
Se però andiamo dietro a ogni singolo genere di scrittura, agli stili, alle tecniche, alle correnti e al tipo di destinatario, saranno più le differenze che i punti in comune, e ci sembrerà ci siano troppi modi per pensare alla scrittura.
Quando ci sono troppe cose, a volte, è come se non ce ne fosse nessuna.
Bisognerebbe trovare qualcosa che definisca gli scrittori al di là della forma e della modalità della loro espressione.
Possibile?
Quanti tipi di scrittori ci sono?
Quando le parole non sono precise, non lo sono nemmeno le definizioni, e quindi si crea confusione, una confusione che permea chi scrive e chi legge, provocando crisi d'identità.
La rete ha cambiato molto: non è che prima non si potesse scrivere, ma farsi leggere non era così semplice; oggi invece con internet è molto più facile intercettare lettori più o meno interessati agli argomenti dei quali ci occupiamo scrivendo.
Comunemente si pensa a uno scrittore come a qualcuno che scrive qualcosa come libri, poesie, storie, notizie, resoconti, riflessioni.
Se però andiamo dietro a ogni singolo genere di scrittura, agli stili, alle tecniche, alle correnti e al tipo di destinatario, saranno più le differenze che i punti in comune, e ci sembrerà ci siano troppi modi per pensare alla scrittura.
Quando ci sono troppe cose, a volte, è come se non ce ne fosse nessuna.
Bisognerebbe trovare qualcosa che definisca gli scrittori al di là della forma e della modalità della loro espressione.
Possibile?
Quanti tipi di scrittori ci sono?
sabato 12 aprile 2014
Che cosa vogliono i lettori dei blog
Il nostro è un mondo in cui le persone non sanno cosa vogliono e sono disposte a passare un inferno per ottenerlo.
La frase è dell'umorista statunitense Don Marquis, e forse la conoscevi già (o forse conosci l'altra più famosa, che ben si adatta al momento attuale della politica italiana: se dai alla gente l'illusione di pensare, la gente ti amerà; ma se la fai pensare davvero, ti odierà).
In effetti, molte persone che gironzolano in rete leggendo qua e là si comportano proprio come se non avessero la minima idea di che cosa davvero le interessi, pur spendendo tempo ed energie a cercarlo.
Quando diciamo, nel mondo del blogging, che ogni blog ha i suoi lettori, investiamo su una fiducia verso ipotetici lettori, ma la realtà è un'altra.
La maggioranza dei lettori arriva per caso, non sa perché ci è arrivata, non lo sappiamo noi, e le possibilità di prevedere e governare questo fenomeno sono scarsissime.
Questo discorso vale anche per la gran parte dell'editoria: non sempre ci rechiamo in libreria sapendo già che cosa vogliamo, e ci capita di lasciarci guidare dall'istinto nello scegliere dei titoli.
Solo quando abbiamo letto comprendiamo veramente da dove siamo partiti: da un problema.
Ciò che guida l'attenzione del possibile lettore, dunque, come un radar, è un problema o qualcosa di irrisolto, una domanda, un dubbio, una curiosità indefinita, tutte cose alle quali un post, un articolo o un libro potrebbero rispondere.
Ma la maggior parte dei lettori, anche quando è consapevole del problema di partenza, quasi sempre non ha la minima idea di quale possa essere la soluzione, e quando ce l'ha finisce per scoprire che la soluzione pensata era sbagliata, e quella giusta era lontana dal loro pensiero.
Il lavoro di chi sta da questa parte, di chi quei post, quegli articoli e quei libri si prende la briga di scriverli è proprio tirar fuori questa soluzione desiderata ma non ancora compresa.
Dunque, i lettori, come le persone di cui parla Don Marquis, non sanno che cosa vogliono.
La frase è dell'umorista statunitense Don Marquis, e forse la conoscevi già (o forse conosci l'altra più famosa, che ben si adatta al momento attuale della politica italiana: se dai alla gente l'illusione di pensare, la gente ti amerà; ma se la fai pensare davvero, ti odierà).
In effetti, molte persone che gironzolano in rete leggendo qua e là si comportano proprio come se non avessero la minima idea di che cosa davvero le interessi, pur spendendo tempo ed energie a cercarlo.
Quando diciamo, nel mondo del blogging, che ogni blog ha i suoi lettori, investiamo su una fiducia verso ipotetici lettori, ma la realtà è un'altra.
La maggioranza dei lettori arriva per caso, non sa perché ci è arrivata, non lo sappiamo noi, e le possibilità di prevedere e governare questo fenomeno sono scarsissime.
Questo discorso vale anche per la gran parte dell'editoria: non sempre ci rechiamo in libreria sapendo già che cosa vogliamo, e ci capita di lasciarci guidare dall'istinto nello scegliere dei titoli.
Solo quando abbiamo letto comprendiamo veramente da dove siamo partiti: da un problema.
Ciò che guida l'attenzione del possibile lettore, dunque, come un radar, è un problema o qualcosa di irrisolto, una domanda, un dubbio, una curiosità indefinita, tutte cose alle quali un post, un articolo o un libro potrebbero rispondere.
Ma la maggior parte dei lettori, anche quando è consapevole del problema di partenza, quasi sempre non ha la minima idea di quale possa essere la soluzione, e quando ce l'ha finisce per scoprire che la soluzione pensata era sbagliata, e quella giusta era lontana dal loro pensiero.
Il lavoro di chi sta da questa parte, di chi quei post, quegli articoli e quei libri si prende la briga di scriverli è proprio tirar fuori questa soluzione desiderata ma non ancora compresa.
Dunque, i lettori, come le persone di cui parla Don Marquis, non sanno che cosa vogliono.
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