venerdì 6 luglio 2012

L'italiano in TV: tiriamo la catena?

Ai tempi di Mike, il quiz in tv era l'occasione per vedere che cosa significa essere esperti in una materia.

Oggi invece, nei giochi televisivi, è facile vedere persone balbettare davanti a domande per le quali serve una conoscenza elementare.

Sarà per questo che i momenti migliori dei quiz di oggi sono basati sull'enigmistica, e il caso più eclatante è la famosa ghigliottina che chiude L'eredità condotto da Conti su Rai 1.

Ben consapevoli del successo di quella prova, da qualche anno i creativi di mamma Rai sostituiscono d'estate L'eredità con Reazione a catena, interamente basato - come la ghighiottina - sull'associazione semantica delle parole.

A differenza dei quiz di una volta, dove qualcosina la dovevi sapere, oggi puoi vincere sia grazie al meccanismo perverso di assegnazione dei punti - che naturalmente crea il brivido capace di incollare lo spettatore - sia perché le parole sono una merce molto più diffusa, anche se non la padroneggi benissimo (del resto, nei giochi in questione non è richiesto).

Così, mentre sorseggio un aperitivo casalingo e guardo quindici minuti di TV, anch'io gioco tra Una tira l'altra e L'intesa vincente - così come d'inverno cerco di vincere la ghigliottina - e non posso fare a meno di assistere alle pericolose derive della nostra lingua.


Non si dice così?
Il caso più ovvio, durante le prove a catena, è che il concorrente dia la risposta esatta senza tuttavia avere la minima idea di ciò che sta dicendo.

Così accade che, per sentito dire, i partecipanti associno una parola all'altra - o tre parole tra loro, come nel gioco finale - ma non siano in grado di spiegare perché.

Locuzioni proverbiali e modi di dire che una volta avevano altra pregnanza, oggi vengono captate dalle orecchie di queste persone, spesso rivestite di un nuovo significato, ma tornano utili solo in circostanze simili.

La battaglia è campale, ma chissà perché, l'Italia è giovane (badate, non giovine) e non ci si spiega come mai sia errata la risposta, la dozzina è sporca, va' a capire per quale motivo, ma a questa la concorrente ci arriva solo grazie all'altra parola da associare, barzelletta, il che la dice lunga anche sulla fantasia degli autori.

Ora te lo faccio io il gioco e tu indovini: con quale aggettivo puoi collegare lingua e scuola?

Contrari e opposti
La fase più seguita del programma è senz'altro L'intesa vincente: due concorrenti devono formulare una definizione per un vocabolo, usando però una parola per volta a turno, e il terzo deve indovinare.

Qualche concorrente particolarmente brillante, davanti alla parola notte - o simili - ha avuto l'idea di costruire questa definizione: cosa non è giorno?

Giustamente, il giorno e la notte si escludono a vicenda, la definizione non fa una grinza e il punto è incamerato.

Su questo principio, i concorrenti cercano, quando lo ritengono possibile, di formulare definizioni del genere, perché sono più facili da costruire e più agevoli da indovinare.

Il problema è che nel formularle abusano della linguistica.

Se il giorno esclude la notte, ciò non è altrettanto vero per coppie come caldo/freddo.

Giorno/notte sono opposti, come vivo/morto mentre caldo/freddo sono contrari, cioè si tratta di due valori continui su una scala graduale.

Sono sottigliezze?

Può darsi, ma esse danno la stura ad altri mostri linguistici.

Passi per cosa non è moglie, e per la sua risposta, marito, che sarebbero due complementari (a nessuno viene in mente amante?).

Durante l'intesa vincente, però, è facile ascoltare cose come cosa non è pane? e sentirsi rispondere vino, per non parlare del gatto che sarebbe il contrario del cane e non si capisce perché non varrebbe lo stesso per il topo.

Qualche problema, i concorrenti ce l'hanno quando vogliono definire un aggettivo come grande e allora suggeriscono che non è piccolo ma il terzo concorrente risponde grosso, e lo stesso può accadere per partire come opposto (direzionale) di arrivare ma anche di tornare.

Cosa cosa???
Quella che mi manda in bestia però è la formula che tutti i concorrenti usano per giocare a l'intesa vincente: cominciare la definizione da cosa!

Non si può cominciare una domanda con cosa, ci vuole davanti il che!

Il termine cosa va a sostituire, nell'interrogativa, il suo corrispondente nella risposta.

Prendiamo la domanda che lavoro fai?

Quello che voglio sapere con precisione è il tipo di lavoro: faccio il maniscalco/l'infermiera/il concorrente di quiz.

Se al posto della parola lavoro ci metto cosa, la domanda diventa che cosa fai e la sua correttezza resta inalterata.

I concorrenti però formulano la domanda senza il che, cioè direbbero cosa fai, ma questo equivarrebbe a dire lavoro fai, che è una lingua del tutto inventata.

Il che è l'aggettivo interrogativo, sta per quale, e il cosa è il nome che attende di essere precisato.

Ma tanto, (che) cosa ve lo dico a fare?

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