lunedì 30 maggio 2011

Prendere appunti, studiare, collegare

Un fenomeno al di sopra delle "medie"
Riccardo ha tredici anni, è in seconda media, ha tutti dieci in pagella e nessuno lo chiama "secchione".

Non perché sia alto e grosso né perché figlio "intoccabile" di malavitosi.

Solo perché non è un "secchione":non passa le giornate immerso nei libri, non impara a memoria le parole stampate, non sta sempre con la mano alzata per chiedere la parola e rispondere al posto degli altri interrogati.

Altri suoi compagni sì - pochi, a dire il vero - ma lui no, e il resto della classe, anche senza saper spiegare perché, ha colto questa differenza.

Però noi non abbiamo tredici anni, quindi non solo possiamo rilevare la sua singolarità, ma possiamo anche provare a spiegarcela.

Se un ragazzo di tredici anni riesce ad essere brillante senza "secchioneria" forse possiamo imparare qualcosa anche noi che con i testi da leggere e scrivere e le idee da organizzare abbiamo scelto di "sposarci".


Non gli sfugge niente
Riccardo prende appunti in ogni dove su ogni cosa.

Anzi, col passare dei mesi ha affinato le sue capacità e adesso sa distinguere addirittura ciò che i professori dicono ripetendo il contenuto dei libri - e lui questo non lo annota, tanto sa che a casa con comodo può recuperare le informazioni - da quanto deriva dal bagaglio dei docenti, che non si trova su alcun libro di sua conoscenza.

Così, quando il professore si picca di inserire qualche domanda aperta nei test di verifica, una di quelle domande "scandaglio" proprio per vedere quanto lo studente abbia partecipato durante le lezioni, lui è capace di rispondere con paragrafi di decine di righe.

Inoltre, grazie a quest'abitudine, si ricorda tutto, persino le cose dell'anno scorso - in una platea studentesca che, studiando solo per le verifiche, dopo due giorni fa tabula rasa di qualsiasi informazione - pescate dai docenti nei loro cassetti mnemonici e che neanche Google forse potrebbe recuperare.

Parola per parola
Quando Riccardo non capisce una parola si ferma.

Non va avanti.

Anche il suo compagno di banco, Luca, fa così.

Solo che Luca chiede spiegazioni ma non annota le risposte.

Così può capitare - anzi, capita - che un giorno chieda cosa vuol dire annichilito e dopo due settimane la sua mano si alzi ancora per chiedere cosa vuol dire annichilito?, al che il modo in cui il professore di turno lo guarda lo lascia annichilito.

Riccardo no, Riccardo in perfetta autonomia guarda sul vocabolario.

Il vocabolario, questo oggetto misterioso dalle fattezze antidiluviane, perché oltre a sembrare primitivo agli occhi degli studenti di oggi è anche mal ridotto.

A volte Riccardo capisce che il vocabolario è inadeguato, ci vuole qualcosa che per ogni parola fornisca un discorso più articolato.

E allora risolve i piccoli misteri dell'incomprensione linguistica o della ovvia ignoranza nozionistica con enciclopedie e motori di ricerca.

Che ci azzecca?
Questa è la caratteristica più bella.

All'età di Riccardo le capacità metacognitive, quelle relative al connettere insiemi di informazioni appartenenti ad aree diverse per cogliere somiglianze e fattori di continuità, sono in via di sviluppo.

Nulla di strano che ragazzi della sua età si chiedano più volte di fronte a nozioni apparentemente slegate tra loro ma che ci azzecca?

La differenza è nel pronome: Riccardo non si chiede, ma lo chiede.

Mentre gli altri tacciono, affondando nel mistero più totale (che ci azzecca? mah, non lo capirò mai!) lui se lo fa spiegare, con una semplice domanda, il nesso tra le cose che si studiano - o si dovrebbero studiare - riuscendo così a formarsi una mappa mentale - nel vero senso della parola, non quei diagrammi di flusso che vengono spacciati per mappe mentali che poi nessuna mente è in grado di incamerare - e dominare il sapere acquisito.

Domanda: è un fenomeno lui o ciò che fa gli permette questi risultati?

Prendere appunti: se non fosse per il mio quaderno che mi accompagna sempre e dovunque io ci metterei il triplo del tempo a scrivere e a preparare tutto il materiale che sono in grado di sfornare settimana dopo settimana.

Sul modo di raccogliere le informazioni e trasformarle in testi compiuti si parla in InLaboratorio, trenta lezioni per scrivere subito e bene, in cui a piccoli bocconi puoi nutrire la tua voglia di (imparare a) scrivere.

Studiare: studiare non è altro che sforzarsi di far entrare nella propria mente informazioni esterne a essa, e va dal consultare un vocabolario al leggere una monografia specialistica, ma il nocciolo non cambia.

E ci sono solo cinque modi in cui le informazioni possono essere comunicate o immagazzinate, come spiego e mostro concretamente in Studio facile.

Collegare: vuol dire costruire una struttura che tenga insieme pezzi di informazione non necessariamente legati tra loro, al punto che modificando la struttura se ne modificherà anche il senso generale.

Quindi potresti scrivere decine di testi differenti con lo stesso numero d'informazioni di partenza adottando diversi tipi di scalette o scheletri, che è uno dei piatti forti di Scrittura rapida al PC: scrivere testi in un terzo del tempo necessario.

Il segreto di Pulcinella
È che Riccardo queste tre cose, prendere appunti, studiare e collegare, non solo le sa, ma le fa anche.

E scusa se è poco.

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