sabato 23 maggio 2015

Riscrivere o non riscrivere, questo è il problema...

Hai mai sentito dire che non si può entrare due volte nello stesso fiume?

Immagino di sì, soprattutto in quest'epoca socialnetworkiana nella quale uno degli sport preferiti è condividere citazioni a effetto incollate su immagini suggestive.

Le domande sono tre e te le elenco:
  • Chi l'ha detto?
  • Sarà vero?
  • Perché dovrebbe interessare noi comunicatori della scrittura?
Il Socrate di Platone attribuisce questa sentenza al filosofo Eraclito, perché sta parlando col suo discepolo Cratilo.

L'unica altra fonte che abbiamo è Aristotele, oltre a un frammento dello stesso Eraclito che però suona leggermente diverso.

La forza e la suggestione di questo pensiero sono potenti, e fa un certo effetto immaginare che un uomo vissuto a cavallo tra VI e V secolo a.C. avesse formulato pensieri degni della fisica del ventesimo secolo.

Poi a sentirlo ci concentriamo tutti sul fatto che l'acqua di questo benedetto fiume cambia.

E ci dimentichiamo che, in quanto esseri viventi, anche noi siamo cambiati.

Nello stesso modo, quando proviamo a tornare su un post già scritto, per modificarlo, correggerlo, riscriverlo, non siamo più gli stessi che l'hanno visto nascere.

Quand'è che ci troviamo nella situazione di riscrivere un pezzo?

Succede in diverse occasioni: quando dobbiamo finire qualcosa che abbiamo già cominciato, quando operiamo una revisione su un testo già completato in prima stesura, e quando vogliamo ottenere un figlio da un post già scritto e pubblicato.

La difficoltà nel completare un testo iniziato è che non siamo più quelli che l'avevano cominciato.

Non c'è più lo stesso entusiasmo, lo stesso assetto nei pensieri, e si fatica non poco a far riemergere i sentimenti legati a quando avevamo iniziato la scrittura.

Rileggi quello che hai scritto, per sintonizzarti di nuovo con lo stato emotivo col quale avevi cominciato, ma ci vogliono parecchie letture affinché qualcosa si smuova, e non è detto tu possa riaccedere allo stato precedente, piuttosto ne creerai spontaneamente uno nuovo, che ti permetterà  di chiudere l'articolo, ma non di tornare realmente nei panni in cui avevi cominciato a scriverlo.

Quindi, anche se riesci a portarlo a termine, magari in modo soddisfacente, dentro di te sai di aver perso per sempre quel particolare stato emotivo, quell'umore che avresti voluto infondere alle tue parole.

Magari il nuovo testo - come nuovo è il fiume quando ci rientri - è persino migliore di quello che immaginavi in precedenza, può essere.

Dovresti gioirne, eppure c'è un pelo di rammarico.

Se invece il materiale che avevi buttato giù è troppo smembrato, o al contrario, vorresti fare un pezzo dalla costola di un altro, allora non hai altra scelta che costruire una nuova struttura per il tuo testo.

Magari riutilizzi il materiale di partenza, forse avevi scritto un attacco fulminante, o una bella descrizione, certamente queste cose devi usarle e valorizzarle.

Ma il modo migliore per fare un buon pezzo con materiale già esistente è costruire una nuova scaletta, che dia al post un taglio completamente diverso, un nuovo punto di vista.

Non sei più quello di prima, devi usare gli occhi che hai adesso, perciò è giusto che tu riorganizzi da capo l'intera strategia comunicativa del tuo post.

Se era un racconto, trasformalo in un elenco di punti di forza.

Se era una descrizione, gioca con le dimensioni e le focalizzazioni, descrivendo da capo come se guardassi le cose da lontanissimo o da vicinissimo.

Se era un testo intimista, cerca di oggettivarlo, e se troppo razionale, prova a sostituire i vocaboli obiettivi con quelli personali.

Sii tu stesso a portare scompiglio nell'acqua del fiume.

In fondo, pare che Eraclito le sue idee le abbia mutuate dall'Oriente, e da quelle parti si dice intorbidire l'acqua per far venire a galla i pesci.

Smuovi la tua acqua cheta, e avrai il tuo nuovo post da pubblicare.

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