giovedì 21 febbraio 2013

Anche i ricchi sbagliano (a scrivere)

Gentile Silvio,

ho ricevuto, come molti altri cittadini italiani, la sua accorata lettera in merito alle imminenti elezioni, della quale avevo già ampiamente sentito parlare ieri, durante i notiziari e le tribune che lei e i suoi contendenti giustamente affollate, in questi ultimi giorni.

Non è mia intenzione, in questo post, entrare nel merito dei contenuti proposti ed espressi, anche se le affermazioni nel terzo paragrafo, circa la crisi del settore edilizio, stonano con quello che vedo da diversi anni, cioè terra mangiata da complessi residenziali che poi restano vuoti o che - dopo l'acquisto - rivelano pecche incredibili per delle case nuove di zecca.

Ma ritorno subito nei ranghi, per limitarmi a sottolineare - come più volte ho fatto in questo spazio - alcuni esempi - tratti dalla sua lettera, ma che avrei potuto estrapolare da moltissimi altri scritti - sul cattivo uso della lingua scritta.

La leggibilità, la scorrevolezza, la concisione, sono tra i principali obiettivi che una scrittura funzionale dovrebbe perseguire.

Con una revisione appena appena attenta, anche la sua missiva avrebbe potuto raggiungere la promozione a pieni voti, almeno per l'aspetto formale.

Purtroppo però certi passaggi del suo testo non sono privi di farraginosità, anche se lei sarebbe pronto a giurare che, trattandosi di una lettera-fiume, scritta nell'impeto della passione politica e dell'urgenza di mettere in guardia il suo popolo, giustamente non è perfetta, come fosse espressa a braccio più che meditatamente scritta.

Mi perdoni, dunque, se oggi, per dare qualche dritta ai poveri amanti della scrittura e dell'italiano che mi seguono, farò uso delle sue parole.


Ma "che" mi dici?
Le tre lettere infernali che compongono la parolina che continuano a essere usate come la stampella cui aggrapparsi in mancanza di una prosa più ariosa.

Alla seconda riga, per esempio, lei scrive è un rapporto che è stato turbato mentre avrebbe potuto risparmiarci la relativa sfruttando la nominale e scrivendo un rapporto turbato, dato che il sostantivo era già il soggetto della frase al primo rigo.

Stesso problema nel sesto paragrafo della seconda pagina, con si ricorderà certo degli impegni che erano contenuti nei nostri "Contratti con gli italiani", laddove sarebbe stato molto meglio eliminare che erano, per una frase limpida e scorrevole.

In realtà, anche nel quinto paragrafo della prima pagina il che risulta superfluo, e invece di sentiamo però che, con tutto quello che è successo e che sta succedendo, serve qualcosa di più avremmo preferito tagliasse il sentiamo però che, pervenendo a una soluzione ricca di concisione e perentorietà, anche se in questo caso le concedo le attenuanti del calore, che lei si sforza di infondere in quel sentiamo iniziale.

Andare a ripetizioni
Non si preoccupi, il sottotitolo non è un invito a tornare tra i banchi ma solo un modo ironico di mettere in evidenza l'altro piccolo o grande intoppo della sua lettera.

Già alla terza riga, infatti, lei fa risuonare con ridondanza due volte sia la parola politica sia il suo essere accoppiata a un aggettivo qualificativo antecedente, per conferire spessore retorico.

Altro caso simile, nel quarto paragrafo in prima pagina, i due come nelle ultime due proposizioni, forse uno di quei passi dai quali trapela l'ansia di autoincensarsi.

A proposito del come, nel secondo paragrafo della seconda pagina lei fa seguire ai due punti queste parole: l'accordo con la Svizzera, come hanno fatto anche altri Stati; poiché però l'oggetto in questione è l'accordo, il come - che si riferisce a un'azione e non a uno stato di cose - la porta fuori strada, allora o avrebbe dovuto togliere come hanno e scrivere fatto anche dagli altri Stati, o scrivere cosa che hanno fatto anche gli altri Stati, usando un bel che molto opportuno, stavolta.

Ma tornando alle ripetizioni, quella davvero fastidiosa - sempre in termini linguistici - è tutta nel secondo paragrafo della prima facciata, con quell'elenco introdotto dalla preposizione di che per cinque volte batte nelle orecchie del lettore, preposizione più che superflua, trattandosi di un elenco in corpo di testo, già marcato dall'uso delle virgole.

Elencami, tanto tanto intensamente
Ancora scuse per la cialtroneria dei miei sottotitoli, ma era per dirigere la sua attenzione e quella dei lettori al problema degli elenchi, del resto già sfiorato nel finale del precedente passo.

Lei infatti apre la seconda pagina della sua lettera con questa struttura:

La restituzione potrà avvenire:
-attraverso un rimborso vero e proprio sul conto corrente,
-oppure, in particolare per i pensionati o per chi preferirà questa modalità, in contanti, attraverso gli sportelli delle Poste.

In questo modo di strutturare il testo si intersecano vecchi e nuovi modi di elencare, con il risultato di togliere efficacia allo strumento-elenco.

Avrebbe fatto meglio a togliere quella virgola, dopo il primo punto, e a omettere oppure e invertire le altre due frasi, scrivendo prima la modalità di restituzione e poi la destinazione secondo lei più opportuna (ma cavaliere, vogliamo informatizzarli, 'sti pensionati, una buona volta, e togliergli la preoccupazione di essere derubati all'uscita dagli uffici postali o peggio alle porte dell'ascensore di casa, da qualcuno che li ha seguiti?).

Ma un esito ancor più felice lo avrebbe avuto evitando del tutto il formato elenco, sia perché ha solo due voci da proporre, sia perché - motivo ben più importante - la sua è la descrizione di una proposta e non la spiegazione delle modalità effettive (non so quanto sia vera la storia di persone che si sarebbero già recate alle Poste per incassare).

Nulla da chiedere
Qui nessuna celia, cavaliere, ma un preciso riferimento a uno dei suoi paragrafi finali, che riporto per intero:

Per quanto mi riguarda, io sono in una specialissima condizione personale di libertà per età, esperienza, traguardi e obiettivi raggiunti nella mia vita. Non ho nulla da chiedere per me stesso.

Ma come?

Dopo aver tuonato contro l'IMU, aver spiegato le manovre per recuperare 4 miliardi, che poi diventano 25-30 grazie alla Svizzera che aprirebbe le porte dei suoi correntisti, per attestarsi infine a 5 miliardi di flusso a regime, lei poi ci dice che in fondo, data la sua specialissima condizione, per la sua persona non cambierebbe nulla?

Intendeva forse dire se poi non dovessimo riuscirci?

Non le sembra che qualcuno potrebbe intendere queste parole in maniera da perdere del tutto la fiducia nei suoi confronti?

Soprattutto, da un uomo navigato come lei una caduta di stile come questa - quasi a dire tanto se va male io resto a galla comunque - non ce la si aspetta, soprattutto a poche ore dal cimento elettorale.

Eppure adesso devo chiederle venia, perché mi rendo conto di non aver mantenuto gli impegni con i lettori - senza la e davanti - sul non entrare nel merito del contenuto.

La ringrazio per avermi fornito l'opportunità di ricordare a me e ai quattro gatti che mi seguono alcune cosucce non trascurabili della buona scrittura funzionale.

Non ho difficoltà a farle altrettanti auguri, soprattutto di una serena senescenza.




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