Se in questi giorni di festa appena trascorsi hai usufruito della potente flotta degli aereotrasporti, allora hai perso una grande occasione.
Non capita tutti i giorni di doversi togliere il cappello di fronte alla bravura dei creativi, in fatto di pubblicità cartellonistica.
Spesso, anzi, le loro sono brutture invadenti, ingombranti e stonate.
Invece, per me e per tutti coloro che hanno viaggiato sulle frecce rosse di Trenitalia, l'impatto con l'eccezionale campagna della Costa (non quella delle crociere!) per incentivare le visite agli acquari è stato beneaugurante.
Premetto che il mio discorso non è a favore di zoo e similari e il tema della cattività esula totalmente dal mio post.
Non sto qui a descrivervi la qualità dei progetti didattici proposti ma v'invito a navigare le varie iniziative accessibili dal link qui sopra.
Voglio invece sottolineare come con pochi - tre - semplici accorgimenti, il messaggio pubblicitario riesca a toccare in pieno anche gli eterni indifferenti.
Dagli alti tetti delle stazioni, infatti, scendono nel nostro campo visivo immagini sorprendenti e accattivanti che accostano il mezzo viso di bambini e creature marine, formando un volto unico e spiazzante.
Oltre all'impatto spaziale e dimensionale - sono giganteschi - e alla qualità grafica del lavoro, i cartelloni funzionano per tre semplici ragioni che, mutatis mutandis - e le mutande non c'entrano! - , possiamo tranquillamente trasportare a qualsiasi messaggio testuale, anche scritto.
Perché funzionano così bene?
De te fabula narratur
Quando scrivi i tuoi testi, hai ben chiaro a chi ti rivolgi?
Quelli della Costa sì: sebbene a pagare l'ingresso ai musei e agli acquari siano i genitori, è chiaro che la "molla" che fa scattare la famiglia fino a entrare in uno di questi parchi didattici sono i bambini.
Per questo motivo, nelle immagini sono loro i protagonisti, è a loro che i cartelloni si rivolgono, sono loro a riconoscersi nel messaggio e a esclamare Papà, mamma, ci voglio andare!
Nel dicembre del 1982 arrivò in Italia E.T l'extraterrestre di Spielberg, e quell'alieno aveva la stessa simpatia irresistibile delle creature di questi cartelloni, a giudicare dagli incassi e dal pianto che feci per costringere, più che convincere, mio padre a portarmi al cinema per vederlo, e la spuntai.
A chi ti rivolgi, quando comunichi?
Umano, troppo umano
Sarebbe troppo ovvio far notare che in una pubblicità di parchi acquatici i creativi abbiano deciso di mostrare il contenuto della loro proposta, ossia le creature marine.
Meno ovvio ma fondamentale mettere in luce il modo in cui ce le mostrano.
A che cosa serve l'accostamento tra i volti dei bambini e quelli degli animali acquatici?
Certo, a creare delle divertenti e impossibili creature ma soprattutto a ingannarti benevolmente, facendoti notare l'umanità che il sorriso sdentato dello squalo o la boccuccia a cuore del pesce possono assumere se solo per un attimo li guardi come se fossero tuoi simili.
Allora, che messaggio possiamo trarre?
Che umanizzare la nostra comunicazione è fondamentale se vogliamo toccare la sensibilità di chi ci ascolta, legge o guarda.
Chiamata all'azione
Le due mezze facce si uniscono e, in un gioco di rimandi reciproci, danno vita a un nuovo essere che fa da ponte tra i due mondi.
Ricordi quanto detto prima?
Chi paga sono i genitori, genitori di bambini che, in questi cartelloni, sono maledettamente somiglianti ai pesci.
Hanno la loro stessa tenerezza, il loro stesso piglio, le loro stesse espressioni.
Sono come i tuoi figli, anzi, sono i tuoi figli.
Questa è la chiave.
Se queste creature sono così simili ai bambini,
e se tu, genitore, ti prendi cura dei bambini,
allora - se hai studiato Aristotele e i sillogismi! - devi prenderti cura anche di quelle creature.
Come?
Facendo loro una bella visita in uno dei parchi acquatici!
Et voilà, les jeux sont faits!
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