venerdì 18 novembre 2011

Scrivere bene, ma c'è la crisi

la foto qui a sinistra l'ho scattata qualche tempo fa, uscendo dal supermercato.

La scritta era incollata con lo scotch su una vetrina in allestimento.

Ma guarda che rompiscatole puntiglioso, potrebbe pensare qualcuno e forse anche tu.

Però courricolum era veramente irresistibile.

Prima reazione: risata.

Seconda reazione: constatazione della scarsità informativa del volantino.

Terza reazione: idea di farci su un post.


Un post in cui magari cercare di capire per quali meccanismi di ipercorrezione l'autore dell'annuncio ha prodotto una simile castroneria.

Un dato è certo: questa persona non sapeva neanche lontanamente della latinità del termine curriculum, ma questo glielo perdoniamo.

Il punto è: perché qualcuno dovrebbe prendersi la briga di scrivere in modo diverso da come pronuncia?

In fondo, l'errore più frequente è il contrario: persone che scrivono come parlano, senza sapere che quel termine graficamente ha una diversa rappresentazione, cosa che succede di frequente quando si è alle prese con le lingue straniere.

Ma qui ci troviamo di fronte a qualcuno che ha pensato vuoi vedere che questa parola evidentemente straniera (perché finisce con la emme!) si scrive diversamente da come si pronuncia, come uòzziorneim che però si scrive whatsyourname???

Da lì, la sua mente si sarà tuffata in mille congetture, pescando chissà da dove l'idea che la u di cu-rriculum fosse frutto di un dittongo di stampo francofono, ou.

La o posizionata al posto della seconda u invece può essere semplice frutto di apprendimento erroneo (unito alla sventura di non aver mai letto la parola curriculum che ovviamente nessuno è in grado di dimenticare una volta vista!).

Insomma, l'idea che le lingue straniere siano in agguato e tirino tranelli ortografici, unita all'altra nefanda idea che le parole che terminano senza vocali siano straniere, soprattutto inglesi, continua a partorire mostri (come quel tale che chiama il David di Donatello o di Michelangelo Devid, cosa che mi fa sia ridere che ricoprire di pustole!).

Poi non ho più scritto questo post solo pensato per mesi, una sorta di pudore e di voglia di non sembrare uno scassa... mi avevano frenato.

Come mai allora dico che non volevo scriverlo e ora invece l'ho scritto (indico subito un quiz, chi indovina quale figura retorica è questa avrà in regalo uno dei miei corsi!)?

Perché giorni fa mi sono imbattuto in un altro mostro linguistico: qui dalle mie parti, ho visto un altro annuncio su un giornalino pubblicitario in cui si cercava un docente per corso di estetica, e ci ho anche buttato l'occhio essendo io laureato in lettere e filosofia.

Al mio paese, l'estetica è una branca della filosofia, mentre in questo paese in provincia di Brescia si tratta evidentemente dell'estetica dell'estetista e il docente dovrebbe insegnare a fare unghie e tinture e non che cos'è il bello naturale e artistico!

Qui infatti puoi vedere l'annuncio nella sua interezza (anche se magari non lo trovi più, visto che si tratta di un annuncio di lavoro).

Anche in questo caso, ci troviamo di fronte a una totale inconsapevolezza dell'errore linguistico.

In entrambe le circostanze, lo sbaglio si è verificato nel mondo della ricerca e dell'offerta di lavoro, mondo notoriamente in crisi, ma chi l'avrebbe mai detto che la crisi del lavoro si sarebbe riversata anche nella crisi del linguaggio?

1 commento:

  1. Come al solito leggere un tuo articolo è un vero piacere anche se suscita nella mia mente altre domande. In questo caso le domande sono:
    Come è cambiata negli anni la nostra lingua italiana? Come è nata la lingua italiana, forse da errori come questi? Quante parole straniere derivano dal latino? In futuro mi piacerebbe leggerti su questi temi.
    Per quanto riguarda la risposta al tuo quiz, premetto che è frutto di ricerche e non di mia conoscenza personale. Secondo me si tratta di ANALESSI che consiste nell'evocare un evento precedente al punto della narrazione in cui si trova, spero che sia giusto.
    Rosa

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